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Incisione calcografica

L’origine dell’incisione calcografica deriva presumibilmente da alcuni procedimenti orafi d’incisione sul metallo adoperati fin dall’antichità. Nel Quattrocento, inoltre, tra gli orafi era affermata l’abitudine di tirare prove su carta delle decorazioni incise, per verificare la qualità e valutarne l’effetto. Da tale uso, e dalle esigenze di riproduzione d’immagini scaturite con l’introduzione della stampa, l’incisione su lastra metallica divenne una tecnica autonoma con particolarità proprie.

L’incisione calcografica si definisce diretta poiché (il termine calcografia deriva dal greco calcos che vuol dire rame e grafo, scrivo, incido) consistere nell’incidere con strumenti da taglio il metallo senza mediazioni chimiche. Lo strumento per incidere è il bulino: una sottile barra di acciaio temperato con una estremità affilata e con l’altra infissa in una impugnatura di legno che si adatta alla mano dell’incisore. Con il bulino si asporta il metallo della lastra in rame ottenendo così un segno particolarmente netto e preciso, distintivo di questa tecnica. Successivamente si procede alla “tiratura” delle stampe. La matrice viene inchiostrata in modo che i segni incisi trattengano l’inchiostro. Attraverso la pressione dei rulli del torchio a stella la carta è spinta sulla matrice assorbendo l’inchiostro, realizzando così la trasposizione dell’immagine sul foglio. Si è trattato di un lavoro lungo e complesso che ha richiesto un alto grado di specializzazione tecnica congiunta ad elevate capacità artistiche e professionali.